Il pentito Bonaventura: “La mano della ‘ndrangheta dietro l’attentato di Roma”
Per il pentito Luigi Bonaventura un ‘chiaro, chiarissimo messaggio’
“La mano della ‘ndrangheta dietro l’attentato di Roma”
di Paolo De Chiara
“Sono disperato,
cercavo il gesto eclatante, puntavo ai politici”. Queste le parole pronunciate
dal disoccupato calabrese Luigi Preiti,
49 anni. Il protagonista della sparatoria in piazza Colonna. A Roma, tra
Palazzo Chigi e Montecitorio. Nel giorno del giuramento del Governo Letta,
targato Pd-Pdl. Due carabinieri colpiti dai proiettili. Era arrivato a Roma con
il treno, dalla Calabria. L’uomo che voleva ‘uccidere i politici’ è di Rosarno,
residente da molti anni ad Alessandria in Piemonte. Non è un pazzo, ha agito
con premeditazione. È accusato di tentato omicidio, porto e detenzione di arma
clandestina e ricettazione. ‘Un’iniziativa
isolata’ per il procuratore aggiunto della Procura di Roma Pierfilippo Laviani
e per il sostituto Antonella Nespola. Per il ministro degli Interni, Angiolino Alfano: “Non risultano contatti
di Preiti con ambienti eversivi. Un gesto isolato, un gesto sconsiderato. Non
si possono leggere i prodromi di focolai di piazza o di tensioni eversive in grado di compromettere la tenuta
dell’ordine pubblico e della sicurezza che resta comunque salda”. Non
sembra esserci alcun legame con la ‘ndrangheta. Per Biagio Simonetta (il Sole24Ore): “In un
quadro decisamente fosco e tutto da delineare, c’è una certezza assoluta sulla
vita di Luigi Preiti: il 49enne che ieri ha sparato davanti a Palazzo Chigi
ferendo due carabinieri non ha nulla a che fare con la ‘ndrangheta. E non è un
dettaglio insignificante, se vieni da un posto come Rosarno e impugni una
pistola. Nessuna denuncia, nessun legame con le famiglie che da sempre
egemonizzano il territorio”. Per Enrico Fierro e Lucio Musolino (Il Fatto
Quotidiano): “…quel cognome, Preiti, rimanda a Domenico e Roberto
considerati vicini alla cosca Pesce. Sono suoi lontani parenti. Pochi rapporti
con loro”. Un’interpretazione diversa
arriva dal pentito di ‘ndrangheta Luigi Bonaventura, l’ex reggente del clan
crotonese Vrenna-Bonaventura. Ascoltato da diverse Procure italiane, in
diversi processi. Commenta il gesto di Preiti su facebook: “...dietro l’attentato a Roma ai Carabinieri (vero
intento colpire i politici) c’è chiaramente la mano della ‘ndrangheta! È un messaggio
forte e chiaro... ci scommetterei ogni cosa e non la perderei!!!”. Bonaventura parla di “messaggio, di azione forte”. La sua versione fa rabbrividire: “la ‘ndrangheta,
le mafie erano presenti al giuramento e, com’è loro abitudine, lo hanno fatto
con il sangue. Questa è un’azione pianificata. Sarebbe interessante capire
chi morirà o sparirà in Calabria nei prossimi giorni”. Per Bonaventura: “è un
gesto troppo simbolico per non essere un messaggio. Nessun calabrese di
buon senso, e lui non è affatto uno squilibrato, partirebbe dalla Calabria, soprattutto
da zone come Rosarno, senza il permesso della ‘ndrangheta, per fare un gesto di
così grande portata. Porterebbe troppe e non meglio quantificabili ripercussioni,
senza nessun grosso interesse. Ad uno ad uno gli sterminerebbero la famiglia, ogni
calabrese lo sa”. Il collaboratore di
giustizia si sofferma anche sulla pistola utilizzata: “una 7.65, Pietro
Beretta, modello 35, con canna sostituibile. In passato in dotazione alle forze
armate italiane in calibro 9 corto, usata anche durante la seconda guerra
mondiale. È uno dei modelli preferiti dalla ‘ndrangheta, facilmente reperibile
e non inceppa mai. È come una firma. La
‘ndrangheta usa spesso queste persone che vivono, lavorano fuori e sono incensurate
e insospettabili, ‘i cosiddetti colpi riservati’. Per un lungo periodo lo
sono stato anch’io, fino a poi essere richiamato nel 1990 dalla Toscana per la
strage di Piazza Pitagora (Crotone, novembre 1990, ndr)”. Per Bonaventura l’attentato
è stato organizzato e pianificato dalla ‘ndrangheta. “Secondo me fa tutto
parte di quella famosa strategia del terrore, ne ho parlato anche ai magistrati.
Dovremo abituarci a nuove e raffinate strategie, che non sempre saranno
facilmente comprensibili. Trovo, in qualche modo, molte similitudini con l’attentatore
di Brindisi e un filo rosso con la morte del Carabiniere Giovanni Sali a Lodi”.
Commenti