da biblon.it/recensione – IL CORAGGIO DI DIRE NO: la storia di Lea Garofalo, la donna-coraggio che si è ribellata alla ’ndrangheta


Posted In Recensioni - By Giusipina on sabato, giugno 8th, 2013
«La realtà, invece, ci dice che dalla ’ndrangheta si esce solo da morti. E la storia di Lea Garofalo, di questo ci parla. Di una vita violenta vissuta in un clima di perenne e quotidiana violenza. Un’esistenza dove la tenerezza, l’affetto, la comprensione non hanno mai trovato spazio. Forse, ma questo lo si avverte leggendo il libro e soffermandosi a riflettere sulle pagine più dense, alla fine della sua vicenda umana Lea aveva capito che una vita violenta non è più vita e per questo aveva chiesto aiuto.»
La storia che Paolo De Chiara racconta nel suo lavoro di inchiesta “Il coraggio di dire no. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta”, è una storia vera, una storia di ‘ndrangheta, una storia di morte ma allo stesso tempo una storia di coraggio. È la storia di una donna che osò dire NO alla ‘ndrangheta e che la ‘ndrangheta vendicò con un efferato omicidio.
Lea Garofalo era una giovane donna-coraggio, una donna forte e ribelle nata, senza avere alcuna possibilità di scelta, nella culla spinosa della ‘ndrangheta che le ha portato via il padre, il fratello, i cugini, gli amici, la libertà e infine la vita. Lea aveva conosciuto da vicino la violenza criminale della mafia calabrese; l’aveva conosciuta e l’aveva odiata, aveva rifiutato di farla propria, aveva cercato di salvarsi rincorrendo un sogno di giustizia e libertà, il sogno di avere una famiglia felice, una vita normale; Lea sognava l’Australia, una terra lontana e sconosciuta nella quale ritrovare la propria dignità di donna e di madre, madre di una bellissima e dolcissima bambina avuta all’età di 17 anni, anch’essa vittima della crudeltà mafiosa, Denise.
Lea nella piccola frazione di Petilia Policastro, Pagliarelle, in provincia di Crotone, aveva vissuto la faida tra due famiglie mafiose i Garofalo e i Mirabelli. “Una guerra infinita combattuta a colpi di lupara” le aveva segnato l’infanzia e l’adolescente ponendola forzatamente di fronte alla brutalità della logiche della criminalità organizzata, logiche che hanno il colore rosso terribile del sangue. All’età di tredici anni aveva incontrato Carlo Cosco di alcuni anni più grande di lei e come lei invischiato in faccende di ‘ndrangheta. Insieme erano scappati per coronare il loro “falso” sogno d’amore e insieme mettono al mondo la piccola Denise. Lea aveva appena 17 anni e sognava… si sognava una vita normale con la propria bambina e con il proprio uomo, un uomo forte e onesto, tutto ciò che Carlo Cosco purtroppo non era. L’uomo non ricambiava l’amore di Lea, quello a cui era interessato era scalare i vertici dell’organizzazione mafiosa sfruttando la protezione della “potente” famiglia di Lea, i Garofalo. Cercando di fuggendo dalla Calabria Lea si era ritrova a Milano insieme alla figlia e al convivente nell’ennesimo covo di ‘ndrangheta. Dopo alcuni anni di annullamento e sofferenza la donna aveva deciso di lasciare Cosco, approfittando dell’arresto di quest’ultimo, e insieme alla piccola Denise aveva cercato disperatamente di “salvarsi”. Ebbe inizio così la lunga fuga della giovane Lea.
La donna sapeva di non poter combattere da sola la battaglia contro la criminalità organizzata che ormai l’aveva tacciata di tradimento, per questo motivo aveva deciso di chiedere aiuto. Si era rivolta allo Stato, indirizzando una lunga lettera al Colle più importante d’Italia. “Una giovane madre disperata”, così Lea aveva firmato quella lettera che non arrivò mai al destinatario o forse si perse nei meandri di oscure logiche di Stato; nessuno ascoltò la disperata richiesta della donna, nessuno le tese mai una mano.  Fin quando il 24 novembre del 2009, dopo essere sfuggita ad altri pericolosi attentati,  un furgone attendeva Lea, e Lea sapeva quello che l’aspettava, sapeva già di essere una “donna morta”. La “fimmina ribelle” venne così sequestrata, brutalmente interrogata, malmenata e infine uccisa per volere del suo ex compagno nonché padre di sua figlia Carlo Cosco.
Quella di Lea Garofalo non è una storia di tenacia e solitudine e rimanda a tante storie di donne ammazzate per mano mafiosa. Sono troppe le donne calabresi, e non solo, rimaste sole a difendere la propria vita, assediate da una struttura di potere criminale, incastrate in logiche di possesso a tutto tondo, della loro famiglia e del gruppo sociale di appartenenza. Esse sono tutte vittime della bestialità e della brutalità dell’essere mafioso spalleggiato in maniera tacita dal vuoto istituzionale e dall’ottusità sociale di realtà intrise di cultura mafiosa. Più volte Paolo De Chiara ricorda nelle pagine del suo libro che queste storie non possono e non devono essere dimenticate. Le storie di donne emarginate e uccise e dei loro familiari devono e possono fungere da monito perché:
«Sono 150 le donne uccise dalle mafie… Credo che proprio la donna potrebbe essere principalmente l’elemento che all’interno delle stesse organizzazioni, ma anche all’esterno, potrebbe aiutare a sconfiggere questo male. [...] Gli esempi non possono essere accatastati. Devono poter sbocciare come candide rose, per inebriare le nostre menti delle loro passioni, della loro forza e del loro immenso coraggio.»
“Il coraggio di dire no. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta” è edito da Falco Editore. Il libro, disponibile anche in versione ebook, lo trovi sul tuo BIBLON STORE.



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